Nella Giornata Mondiale della Libertà di Stampa rivendico il diritto alla libertà del giornalista come individuo e non come tramite di bisogni sociali. L’Italia, ancora mollemente adagiata in un provincialismo bieco, proietta le proprie figurazioni mentali nei personaggi che prestano la propria visibilità nell’esercizio della professione. Basta pensare a chi replica ai difensori della Botteri usando la via traversa per offenderla, quella di dimostrare disprezzo per i suoi “schieramenti d’opinione”. Chiaro che a un interlocutore fino non può sfuggire questo dribbling rudimentale che sposta l’attenzione dal nucleo del discorso mettendo tutto nel calderone.
Il giornalismo ha una quota di maschilismo elevata, rappresentata soprattutto nel giornalismo sportivo dove ha accesso (nelle alte sfere) la rappresentativa femminile solo se corrispondente a canoni di avvenenza ben precisa. Diversamente invece esiste anche una stigmatizzazione della bellezza come caratteristica di competizione femminile molto forte e come sinonimo di carriera facile in altri contesti. La libertà di essere sé stessi, in certi settori, sembra ancora difficile da raggiungere e non solo per chi rischia la vita. Anche per chi ci mette la faccia, che sia truccatissima o meno. Tornando alla Botteri io la trovo chic, minimalista e con un aspetto molto flaneur che mi piace moltissimo.
Gentile Antonella, sei troppo. Troppo fine e raffinata intellettualmente e mentalmente. Mentre, come sai bene, il microcosmo mediatico italopiteco (non l’unico settore, purtroppo) versa in condizioni degradate e degradanti, con le leve di potere nelle mani di personcine squallide e vanitose, dedite solo ai vecchi famigerati giochini onanistici di posizionamento e auto promozione presso i referenti politico economici finanziari. E qui mi blocco. Grazie sempre per i Tuoi pensieri che aprono orizzonti.
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Grazie di cuore. Cerco in tutti i modi di prendere le distanze dall’ego e parlare a mente libera; ci provo. Fa piacere essere in buona compagnia.
Un caro saluto
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